venerdì, Aprile 19, 2024
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Mineralometria ossea computerizzata e densitometria ossea

L’obiettivo dell’applicazione delle tecniche di imaging all’osteoporosi come densitometria ossea e la mineralometria, è quello di porre diagnosi nelle fasi precoci del danno osteoporotico, differenziare i pattern di alterazione ossea, predire il rischio di fratture (che rappresentano un forte fattore connesso alla morbilità e anche alla mortalità di questi pazienti) e indirizzare sia il trattamento che il follow-up.

Sorvolando sulla radiologia convenzionale, si considerino alcune tecniche di mineralometria ossea computerizzata (MOC), ossia volte nello specifico alla valutazione della densità minerale ossea (bone mineral density, BMD). Questa variabile dipende dal picco di massa ossea raggiunto allo zenit dello sviluppo, copre per il 60-80% della resistenza meccanica dell’osso e varia sulla base di fattori ormonali, genetici, nutrizionali, patologici e farmacologici.

Densitometria ossea: come viene distinta

  • BMD totale: densità minerale di tutto il materiale contenuto all’interno del rivestimento periostale e/o delle superfici articolari;
  • BMD compartimentale: quantitativo di minerale contenuto all’interno del comparto osseo corticale o di quello trabecolare, in altre parole la massa di minerale per unità volume di osso corticale o trabecolare, appunto;
  • BMD materiale: grado di mineralizzazione della matrice organica ossea.

Comprendere al meglio quale di questi dati sia valutato da una metodica d’indagine è fondamentale, perché da ciò deriva l’indicazione all’uso dell’esame stesso. Nel complesso, la BMD ha un potere predittivo pari a quello della pressione arteriosa per lo stroke e superiore a quello della colesterolemia per l’infarto miocardico. Risulta ancora più utile se soppesata con altri dati clinici.

Mineralometria ossea computerizzata: stato dell’arte

Qui di seguito verrà brevemente elencato lo stato attuale dell’arte nella MOC, con uno sguardo alle possibili prospettive.

Dual energy x-ray absorptiometry (DXA o DEXA): disponibile a partire dall’ultima parte degli anni ’80, è oggi la più diffusa e riproducibile tecnica di indagine quantitativa della BMD, nonché il gold standard nella diagnostica non invasiva dell’osteoporosi. Per l’OMS, infatti, è solo a questi valori densitometrici che è applicabile il T-score diagnostico di osteoporosi.

La DXA valuta il contenuto minerale osseo (bone mineral content, BMC) proiettato su di una superficie: ciò che se ne è ottiene è appunto il BMD. Le tecniche attuali possono essere condotte a livello centrale (rachide lombare da L1 a L4), del femore prossimale e, in casi selezionati, dell’avambraccio.

L’indagine è rapida e produce un’immagine di risoluzione ragionevole, al netto di un livello di radiazioni contenuto (0.1-6.0 μSv).

Lo status fratturativo viene oggi valutato grazie alla completa integrazione all’interno della MOC-DXA della tecnica MXA di morfometria vertebrale.

Il trabecular bone score (TBS) rappresenta un ulteriore tool della DXA lombare, indicativo della micro-architettura ossea e potenzialmente in grado di migliorare la predittività fratturativa.

Quantitative computerized tomography (QCT)

Con la comune TC è possibile misurare, sia a livello totale che periferico, la BMD totale ma anche quella compartimentale, essendo essa in grado di separare le componenti corticale e trabecolare. La seconda è la determinante principale della resistenza compressiva vertebrale.

I valori possono essere espressi in termini assoluti, ma anche come Z-score e T-score. Ha un ottimo valore predittivo rispetto alle fratture vertebrali nella donna in fase post-menopausale e, in più, ha buona sensibilità nel valutare l’andamento della BMD in corso di follow-up.

L’impiego della QCT vertebrale/assiale è parzialmente limitato dalle alte dosi radianti, che raggiungono i 100 μSv; non la forma periferica (pQCT), che si attesta sui 5 e che è peraltro in grado di rilevare alcuni parametri geometrici collegati con la resistenza dell’osso.

Lo sviluppo dell’HR-QCT, ovvero l’indagine ad alta risoluzione (attestabile sugli 80-100 μm), è in grado di dettagliare ulteriormente l’indagine, aggiungendo aspetti come spessore della corticale, separazione e numero delle trabecole.

Quantitative ultrasound (QUS)

Si tratta di una metodica a basso costo, soprattutto dal punto di vista biologico, in quanto radiation-free. La tecnica misura, solitamente a livello falangeo e calcaneare, due parametri quantitativi – velocità ed attenuazione dell’onda ultrasonora – indirettamente correlati alla qualità ossea. Anche i risultati QUS sono esprimibili in termini assoluti e come Z-score e Tscore. Allo stato attuale dell’arte, non rappresenta un esame di primo livello, anche se l’obiettivo futuro sarebbe per alcuni quello di proporla come singolo test predittivo del rischio fratturativo.

Risonanza magnetica

Le possibili applicazioni della risonanza magnetica non si basano tanto sull’osso, quanto sull’andamento del midollo osseo – e in particolare del rapporto liquido-grasso del suo contenuto – nel paziente con osteopenia e osteoporosi.

Letteratura di approfondimento sulla densitometria ossea

http://www.jgerontology-geriatrics.com/wp-content/uploads/2016/09/04-Guglielmi-2.pdf

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26138836

https://www.siommms.it/wp-content/uploads/2015/11/Linee-guida-OP_2015.pdf

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