venerdì, Marzo 29, 2024
SpecialitàoncologiaPrevenzione di eventi scheletrici da metastasi ossee

Prevenzione di eventi scheletrici da metastasi ossee

I pazienti affetti da carcinoma prostatico e mammario con metastasi ossee sono particolarmente soggetti a eventi scheletrici e necessitano di un'attenzione interdisciplinare

Un grande spunto di riflessione durante il congresso Bone Health “Malattie del metabolismo fosfo-calcico: update 2023” lo ha dato la sessione sulla prevenzione degli eventi scheletrici nel paziente con metastasi ossee. Le dottoresse Marandino e Criscitiello hanno fatto una panoramica dei trattamenti ad oggi consigliati per i pazienti che soffrono di cancro alla prostata e al seno con metastasi ossee.

Metastasi ossee da carcinoma prostatico

Il rischio di sviluppare il cancro alla prostata è strettamente correlato all’età del paziente, infatti oltre l’85% delle diagnosi è in pazienti che hanno più di 60 anni. Il cancro alla prostata in stadio avanzato comporta diversi eventi scheletrici quali fratture, compressione midollare, ipercalcemia, effetti che condizionano negativamente la qualità di vita del paziente e la sua sopravvivenza.

In uno studio multicentrico con controllo placebo, 643 uomini con cancro alla prostata metastatico ormone-resistente (mCRPC) sono stati assegnati in modo casuale a ricevere per via endovenosa acido zolendronico (4 mg o 8 mg) o placebo ogni tre settimane per quindici mesi (fase centrale dello studio) con l’opzione di proseguire il trattamento per ulteriori nove mesi. Per quanto riguarda la progressione del dolore e l’aspettativa di vita l’assunzione di zolendronato non ha un impatto significativo sui pazienti, mentre per quanto riguarda gli eventi scheletrici è stato osservato che i soggetti trattati con zolendronato hanno avuto una diminuzione del 30% degli eventi scheletrici quali fratture, compressione del midollo spinale e chirurgia alle ossa.

Un secondo studio ha valutato l’efficacia di denosumab utilizzando eventi scheletrici sintomatici (SSE) come endpoint, mostrando una significativa riduzione dello sviluppo di eventi scheletrici sintomatici nei pazienti trattati con denosumab rispetto a quelli trattati con acido zolendronico. Per quanto riguarda gli eventi correlati allo scheletro (SRE) invece non ci sono differenze evidenti tra i due farmaci.

La raccomandazione dalle linee guida è quindi quella di somministrare bisfosfonati o Denosumab in pazienti con metastasi ossee da carcinoma prostatico resistente alla castrazione, in quanto in grado di ritardare la comparsa di eventi scheletrici sintomatici.

Metastasi ossee da carcinoma mammario

Bisfosfonati e denosumab sono considerati ormai standard nel trattamento delle metastasi ossee, infatti è stato dimostrato che possono prevenire la perdita di materiale osseo indotto dalle terapie oncologiche e in particolare denosumab riduce la frequenza delle fratture e può ridurre la probabilità di recidiva nel cancro al seno.

La perdita di massa ossea è un evento fisiologico particolarmente evidente nelle donne dopo la menopausa, ma in presenza di terapie oncologiche, e ancor di più in presenza di terapie da deprivazione ormonale, la perdita di massa ossea è molto più veloce e pericolosa, con una frequenza di fratture delle vertebre e del bacino molto alta. Sono diversi i trial in fase III per la somministrazione di denosumab in pazienti con cancro al seno in uno stadio precoce e, a partire dai 12 mesi di trattamento, si evidenzia una diminuzione del numero di fratture nelle donne che assumono denosumab.

Le raccomandazioni dalle linee guida per la prevenzione della perdita di massa ossea indotta da trattamento oncologico prevedono di valutare inizialmente il T score: se minore di 2 insieme a due o più fattori di rischio come età avanzata, fumo di sigaretta, storia familiare di fratture e fragilità ossea, si procede alla somministrazione di denosumab o bisfosfonati (oltre all’esercizio fisico e l’assunzione di integratori di calcio e vitamina D)e un monitoraggio della BMD ogni due anni; se il T score è maggiore di 2 e non sono stati evidenziati ulteriori fattori di rischio la procedure prevede l’assunzione di integratori di calcio e vitamina D e il monitoraggio della BMD ad intervalli di uno o due anni.

Il punto che ancora una volta viene evidenziato è la necessità di un team medico interdisciplinare che possa curare il paziente non solo dal punto di vista oncologico ma anche ortopedico, assicurando la migliore qualità di vita possibile.

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